Percorrendo qualche sentiero dell’Ecomuseo delle Rocche di Montà nel Roero, vi potrà capitare di incontrare tre strani individui. Uno è alto e magro, è un giornalista. Uno è piccolo, rotondetto e un poco più anziano: è suo zio, si chiama Irmo. Insieme a loro c’è una donna con i capelli rossi e le lentiggini: si chiama Anabel, è irlandese, è la moglie dello zio Irmo. Percorrono tutti i sentieri, uno alla volta.
Si godono i boschi, i panorami e i silenzi del Roero. Il giornalista ha il compito di raccontarli.
IL SENTIERO DEL GIOCO - Santo Stefano Roero
Santo Stefano Roero è un paese strano. Se lo guardi da Monteu sembra lo abbiano incastrato sotto una cava dismessa, che invece è una rocca dove un tempo svettava una torre medievale, franata, dilavata, scomparsa.
Lo zio Irmo e Anabel parcheggiano a due passi dalla Confraternita di San Bernardino, bellissimo edificio barocco/liberty con facciata rosa e interno elegantemente acustico, spesso sede di concerti infatti, sovrastata dalla più imponente parrocchia di Santa Maria del Podio.
Sembrano sposini in viaggio di nozze. Si tengono per mano mentre ci avviamo in direzione del cimitero sulla provinciale 110 e imbocchiamo a destra il Sentiero del Gioco, il percorso che vogliamo fare in un giorno nuvoloso, né caldo né fresco, come se la primavera fosse indecisa sul da farsi, pronta a sbocciare ma ancora un po’ intorpidita dal freddo.
–Perché si chiama così questo sentiero? – mi domanda lo zio Irmo – ho dimenticato le racchette! Servono? –Lo hanno denominato così per rimarcare l’importanza degli sport popolari che si praticavano un tempo, ad esempio in questa piazza molto ampia, e dei giochi tradizionali in natura, oggi un po’ dimenticati. Direi che delle racchette puoi fare a meno: è un bel sentiero e ci sono tratti di via larga e asfaltata verso la fine.
La stradina risale un pendio facile dove faccio notare a tutti e due, spacciandomi per un buon geologo, la straordinaria stratificazione del terreno.
-Guardate! Nello spazio di pochi metri trovi colori diversissimi, che vanno dal rosso argilla al bianco del gesso e anche strisce sovrapposte, tra l’altro ricche di fossili e piccole conchiglie marine.
Lui si ferma, mi guarda perplesso.
Mi ero preparato la lezioncina e mentre arriviamo sulla sommità del costone a Bric Brissoca gli racconto quel che so, probabilmente sbagliando qualche termine, ma mirando al punto cruciale:
-Sì qui c’era il mare, 5 milioni di anni fa eravamo a mollo. Poi progressivamente le acque sono defluite, rientrate, impaludate, fino ad andarsene. Ci fu poi, tra 40.000 e 120.000 anni fa, i geologi non sono troppo d’accordo, quel che si chiama la cattura del Tanaro: il fiume scorreva molto più a ovest di oggi e finiva nel Po a Carmagnola. In quel periodo ci furono una serie di concause che lo spostarono a est e si divisero così Langa e Roero.
Svoltiamo a destra e penetriamo il bosco di quercioli e castagni in un bel susseguirsi di sali e scendi. Alla nostra destra, oltre il crinale, si apre la voragine, la crepa profonda di una delle Rocche più belle della zona.
Stiamo quasi arrivando alle cappelle del Sacro Monte dei Piloni nel comune di Montà, dove siamo passati alcuni giorni fa. Lo zio Irmo lo riconosce:
-Ecco dov’eravamo! Siamo di nuovo sul Sentiero Religioso!
Per un tratto sì, i due sentieri coincidono, passiamo di nuovo accanto al giardino di Doro, che ci saluta con la mano affaccendato nella pulizia di un tratto del suo magnifico regno vegetale e proseguiamo in discesa verso la Valle di Diana.
-Era un antico luogo di culto questo – spiego al barcollante Irmo e alla silenziosa Anabel – già in epoca pre-romana. È un esempio di zona umida del Roero, con terreni che trattengono l’acqua e ambienti freschi e ombrosi.
Percorriamo lentamente la facile discesa ed è quando arriviamo sul fondo, dove ad un quadrivio la freccia ci indica di tirar dritto, che sentiamo un frusciare nei cespugli.
Anabel è la prima ad accorgersene.
–Cos’è stato? Un cerbiatto?
–Forse – le rispondo – la zona è popolata da molti caprioli, ma … a me sembra che …
Spunta un cane. Piccolotto, a pelo marrone chiaro, corto e riccio.
–Oh! Un barboncino! – esclama lei.
È un lagotto romagnolo in realtà, sembra un cucciolone di un anno massimo due. Si avvicina muovendo tutto il retrotreno, sembra docile e un po’ impaurito.
–Si sarà perso! – dice lo zio Irmo.
–Probabile! – dico io – è un lagotto, un cane da tartufi tra i più utilizzati nella cerca. Guardiamo se ha il tatuaggio.
Il cucciolo si lascia accarezzare, si gira a pancia all’insù, guadiamo se ha collare, placchetta o tatuaggio. Niente.
–Caspita! Dice lo zio Irmo – è un trovatello, figlio di NN!
Anabel ha già cavato dallo zainetto la sua merendina.
Il cucciolone ingoia in due bocconi il croissant.
–Ma non bisogna dargli il cioccolato! Ai cani fa male! – la sgrida lo zio Irmo.
–Non aveva cioccolato, tranquillo. Come lo chiamiamo?
–Diotallevi! – risponde pronto lui.
–Ai trovatelli “Nomen Nescio” all’anagrafe davano spesso nomi beneauguranti tipo Laudadio o Bentivoglio o Colombo, a Milano, giacchè il simbolo della colomba era quello dell’Ospedale Maggiore dove ne venivano abbandonati tanti! Ribatte lo zio Irmo accalorandosi.
–Ma a lui serve un nome, non un cognome! È un cane! Lo chiameremo Bush!
–Perché? – le domandiamo entrambi mentre il cane ci osserva perplesso aspettandosi magari una seconda merendina da pappare.
–Perché è sbucato fuori da un cespuglio e Bush significa cespuglio in inglese.
–Senior o Junior? – mi informo.
–JJ Bush così non lo si confonde con i due presidenti degli Stati Uniti!
Risaliamo pian piano la strada sterrata, che con qualche svolta, vira infine nella direzione di Borgata sant’Antonio. La salita è abbastanza ripida e JJ Bush ci saltella davanti e dietro, vispo, ogni tanto fermandosi ad odorare qualche traccia di selvatico.
–Guarda! Sta già cercando tartufi! – esclama lo zio Irmo ansimando.
–Difficile ne trovi in questa stagione. Direi che fa il mestiere suo, di cane: sente gli odori che noi non riusciamo nemmeno a immaginare.
Tornati sulla strada asfaltata scattiamo una foto alla vicina Montà e al suo profilo con il castello immerso nel verde tenero delle prime foglioline.
Ritorniamo a Santo Stefano Roero passando accanto ad alcuni spuntoni di rocca caratteristici e in lontananza scorgiamo già il profilo della chiesa di Santa Maria del Podio.
JJ Bush fa abbaiare alcuni cani rinchiusi nei cortili delle cascine, ma ci segue imperterrito e fiducioso. Ogni tanto passa vicino ad Anabel e le salta fra le gambe, oppure scorrazza giocoso incontro allo zio Irmo e gli mordicchia le braghe.
Siamo di nuovo nel piccolo concentrico di Santo Stefano Roero.
Il Sentiero del Gioco non è molto lungo e passa in ambienti davvero belli, freschi e con paesaggi molto vari. Abbiamo notato molte arnie di api e grazie a JJ Bush anche un paio di tane, forse di tassi.
–E adesso di lui che si fa? – domando.
Lo zio Irmo e Anabel si scambiano uno sguardo complice.
–Nel nostro B&B sono ammessi gli animali … – risponde lo zio Irmo mentre si cambia le scarpe.
JJ Bush è già seduto sul sedile posteriore dove Anabel gli ha accomodato una maglia-coperta.
Mi guarda divertito. Ha trovato dei nuovi padroni. E i vecchi? Lo staranno cercando? Da dove sei scappato o chi mai ti ha abbandonato? Sono domande che mi faccio mentre torno a casa, dopo aver scoperto che i miei due compagni di passeggiate dormono in un B&B e dopo aver stabilito che la prossima tappa sarà il famoso Sentiero della Fossa dei Cinghiali, l’indomani mattina, con partenza alle 9 in punto da Monteu Roero.
Lo scoprirò presto.
Foto di Silvano Bertaina, archivio Ecomuseo.
La vignetta originale è di Danilo Paparelli.
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