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Il Cantè J'Euv: un approfondimento culturale. A cura di Beppe Giacone.

In cosa consisteva il rituale quaresimale del cantè j'euv? Chi erano i protagonisti e quali i significati di questa tradizione? 

Che cos’è “Canté j’euv”

 di Beppe Giacone


Canté j’euv”, letteralmente “Cantare le uova”, è un canto tradizionale di questua, che ricorda una vecchia usanza dei nostri paesi, quando, in primavera, gruppi di giovani (maschi) passavano di casa in casa, a notte fonda, cantando e ricevendo in cambio delle uova e altri doni.

Ma “Canté j’euv” è anche di più … è anche un rito collettivo, che richiama alla mente antichi riti della millenaria civiltà contadina. L’uovo è un simbolo per eccellenza di fecondità, di rinascita, della vita che si rinnova, come accade alla Natura in primavera. Anticamente i riti primaverili con utilizzo di oggetti simbolici erano molto diffusi, con l’intenzionalità di accattivarsi il benvolere delle misteriose Forze della Natura, per avere raccolti abbondanti nell’annata agricola e buone condizioni di salute per uomini e animali (riti propiziatori) e contenere così le situazioni di precarietà economica e sociale molto diffuse.

 

Come si svolgeva “Canté j’euv”

Stando alle numerose testimonianze degli anziani dei nostri paesi, si “cantavano le uova” dopo l’inverno, quando le giornate cominciavano ad allungarsi e il clima ad essere più mite. In base alle sequenze calendariali del Cristianesimo, il periodo stabilito era quello della Quaresima, fino a otto giorni prima della Pasqua. I protagonisti erano i giovani (da sposare) del paese, che formavano un piccolo gruppo, con una fisarmonica, e di notte (anche a notte fonda) si recavano presso alcune case o cascine, annunciando il loro arrivo con il canto. Uno di loro era vestito da frate (“il fratocin”) e portava al braccio la cesta per contenere le uova e altri doni. La padrona di casa si presentava sulla porta, i giovani cantavano, ricevevano in cambio le uova, ringraziavano, se i doni erano stati abbondanti o lanciavano qualche maledizione, sempre col canto, se erano stati miseri o se addirittura gli abitanti della casa non avevano neanche acceso la luce e poi aperto per accoglierli. In quest’ultimo caso la delusione era profonda, perché, in realtà, uno degli scopi del “Cantè j’euv” era anche quello di avvistare le ragazze in età da marito, non così facili da avvicinare in un contesto sociale chiuso e governato da una morale rigida per quanto riguardava i comportamenti dei maschi e delle femmine. Con le uova e con il vino raccolti, il giorno di Pasquetta, sulla piazza del paese si faceva una festa, cui partecipava tutta la comunità: con le uova si faceva la frittata, si organizzavano dei giochi (tiro alla fune, corsa nei sacchi, …), si suonava, si cantava, si ballava fino a sera … e oltre.

Com’è il canto

Il canto, tramandato nei secoli in forma orale, non ha un autore preciso: come tutti i canti tradizionali, è il frutto della creatività popolare, che esprime anche attraverso il canto e il rito i modi di pensare, di essere, di vivere di una comunità. L’origine del canto si perde nella notte dei tempi. Dal punto di vista del contenuto, il canto prevede qualche strofa iniziale di presentazione e di saluto, prosegue con alcune strofe di apprezzamento sugli abitanti della casa, poi c’è la richiesta delle uova e si conclude con un congedo benevolo o malevolo, in base alle reazioni della gente di casa.

La struttura del canto è formata quindi da tre parti: la presentazione, la richiesta delle uova, il congedo. Riportiamo di seguito alcuni esempi di strofe, tenendo presente che un canto completo comprende indicativamente 10-15 strofe diverse, eseguite con l’accompagnamento musicale e conl’intercalare delle parole col solo fraseggio musicale. Non era e non è infrequente, poi, che alcuni canterini improvvisino delle strofe, adattando     le alla situazione del momento al contesto della casa, in particolare delle ragazze che l’abitano.

Di paese in paese il canto può variare leggermente, sia nel testo che nella melodia, ma conserva le caratteristiche fondamentali del ritmo dell’armonia.

Presentazione

Soma partì da le nòstre ca, ch’a j’era ‘n prima sèira, për venive a saluté, deve la bon-a sèira,
për venive a saluté, deve la bon-a sèira.

Siamo partiti dalle nostre case sul far della sera,
per venirvi a salutare, darvi la buonasera,
per venirvi a salutare, darvi la buonasera.

 

Richiesta

E se ‘n costa casa-sì, sa-i è na bela fija,
a-i è ‘n giovo sì con noi ch’o veul portela via, a-i è ‘n giovo sì con noi ch’o veul portela via.

 

E se in questa casa qui, se c’è una bella ragazza,
c’è un giovane qui con noi che vuol portarla via,
c’è un giovane qui con noi che vuol portarla via.

Ò se veuli dene dj’euv de le vòstre galin-e,
ij vesin sa l’han ben dì che l’evi le còrbe pin-e, ij vesin sa l’han ben dì che l’evi le còrbe pin-e.

 

Oh, se volete darci delle uova delle vostre galline, i vicini hanno ben detto che avete le ceste piene,
i vicini hanno ben detto che avete le ceste piene.

Guardelo lì col fratocin ch’a l’è daré dla pòrta, chiel o speta lo rigal che la padron-a a-j pòrta, chiel o speta lo rigal che la padron-a a-j pòrta.

Guardatelo lì quel fraticello che è dietro alla porta, lui aspetta il regalo che la padrona gli porta,
lui aspetta il regalo che la padrona gli porta.

 

Congedo

Ringrassioma signor padron e ‘ncora la padron-a e se lor son stá content, n’áutr ann ritorneroma, e se lor son stá content, n’áutr ann ritorneroma.

Ringraziamo il signor padrone e anche la padrona
e se loro sono stati contenti,
un altr’anno ritorneremo,
e se loro sono stati contenti, un altr’anno ritorneremo.

E se ‘n costa casa-si sa-i è na gran sicin-a
che jë schèissa ‘l cu al gal e ‘ncora a la galin-a, che jë schèissa ‘l cu al gal e ‘ncora a la galin-a.

 E in questa casa qui, ci sia una gran siccità,
che secchi il sedere al gallo e anche alla gallina, che secchi il sedere al gallo e anche alla gallina.

 

Che cos’è “Canté j’euv” oggi

La tradizione di “Canté j’euv” si è mantenuta viva fino agli anni 50 del secolo scorso, poi, con l’industrializzazione dei processi produttivi e il conseguente spopolamento dei paesi, ha avuto una flessione significativa, ma non si è mai spenta completamente. Già negli anni ’60 alcuni illuminati giovani ricercatori dei nostri paesi hanno documentato (attraverso interviste e registrazioni) canti, musiche, proverbi, consuetudini e più in generale tutto ciò che apparteneva ai modi di vita di una civiltà contadina in fase di profonda trasformazione. E’ negli anni ’80 che nel nei nostri paesi torna a diffondersi con rinnovato entusiasmo la tradizione di “Canté j’euv” (vedi foto), questa volta con gruppi misti di ragazzi e ragazze, che si accompagnavano anche con chitarre e strumenti vari, ma conservando fedelmente lo spirito d’avventura delle camminate notturne primaverili sotto la luna, del canto acquisito dalla tradizione, delle danze nei cortili e della festa finale, spesso anche autogestita da gruppi di canterini di diversi paesi, in forma di allegro incontro collettivo.

Insieme al rito tradizionale, che continua a mantenersi vivo in diversi paesi, dai primi anni del secolo corrente anche le Pro Loco sono entrate in campo e hanno dato un’impronta nuova alla festa di “Canté j’euv”, cercando di coniugare la tradizione (con la presenza dei canterini con la classica mantella nera, col canto rituale e con la fisarmonica, intorno all’immancabile bottiglia di vino) con l’innovazione (data dalla presenza degli stand, presso cui poter gustare le specialità tipiche del territorio o del singolo paese, anche queste tramandate comunque in forma orale di generazione in generazione). Oggi le Pro Loco organizzano “Canté j’euv” insieme ad altre iniziative nel corso dell’anno, per far conoscere le risorse, le potenzialità e la bellezza del nostro territorio di collina, inserito non a caso nei siti UNESCO dal 2014. Insieme alla caratteristica bellezza del paesaggio, il nostro territorio, il Roero, si impone anche per la sua storia particolare (testimoniata dalle numerose torri, castelli, case nobiliari) e per i suoi prodotti d’eccellenza (vino, frutta, piatti tradizionali, tartufi, …). 


L’invito a conoscere i nostri paesi è rivolto a tutti, ma in particolare al turista attento ed esigente, interessato a vivere un momento di pausa o a trascorrere un periodo di vacanza, in un ambiente sano ed equilibrato, in cui i vigneti e i noccioleti si alternano ai boschi, ai castagneti e alle caratteristiche rocche; in cui numerose sono presenti le osterie e le trattorie, con il loro ottimo cibo e vino; in cui le testimonianze della storia, dell’arte e delle tradizioni offrono interessanti spunti di conoscenza e di approfondimento; in cui una rete sentieristica fitta e varia consente ai camminatori e ai bikers di scoprire gli angoli più suggestivi dei borghi e delle campagne; in cui è possibile soddisfare le esigenze più raffinate per il corpo, la mente e lo spirito, in una prospettiva di turismo aperto su più fronti e consapevole.

 

 

Buon “Canté j’euv” e buona permanenza nel Roero!

 

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